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Forse, per chi arrivi a Sestri da Nord lungo l’Aurelia e abbia quindi fatto esperienza della pericolosa instabilità delle Rocche di Sant’Anna, il nome di Pietra Calante attribuito alla località, potrà sembrare non solo privo di mistero, ma perfettamente adeguato a descrivere l’ambiente che circonda un promontorio che tende, sasso dopo sasso, a sbriciolarsi.
Così chi, guardando la vecchia chiesetta di sant’Anna, posta a consolazione dei viaggiatori su quella che per secoli fu la sola via di comunicazione carrabile fra Sestri e Chiavari, constati come anch’essa stia sfacendosi e pietra dopo pietra scivoli in mare, sarà probabilmente spinto a pensare che quello di Pietra Calante sia il nome inevitabile della località.
E non è da escludere che una simile suggestione abbia guidato colui che per primo si trovò a dover tradurre in italiano, magari per iscriverlo su una carta, il misterioso nome di Precanti che i pochi indigeni attribuivano alla piana che si stendeva fra le pendici del Monte Capenardo e la costa.
Ma è una sciocchezza. Non dissimile da quella che ha spinto qualcuno a sostenere che il Prebuggiun era chiamato così perché raccolto e cucinato «per Buglione»: omaggio di genovesi a Godefroy de Bouillon, il vittorioso condottiero dei cristiani alla prima crociata.
Il buggiun è (come del resto si verifica nel toscano buglione) un ‘insieme di cose svariate’: nel caso nostro, una capricciosa molteplicità di erbe di prato (‘pré’ in dialetto genovese; il latino ‘predium’, vale ‘podere’, ‘fondo agricolo’).
Questo è un punto fermo: ‘Pré’ indica i campi coltivati.
Meno immediatamente riconoscibile è il termine ‘canti’ che, sul modello di ‘prebuggiun’ concorre alla formazione del toponimo Precanti’
E qui ci esponiamo al rischio. ‘Cantus’ in latino vale, tra l’altro, ‘ruota’, ‘cerchione’; questa suggestione potrebbe condurci a ipotizzare la presenza in zona di un artigiano specializzato nella riparazione o nel consolidamento delle ruote di carri messe a durissima prova dall’erta strada romea che scavalcava le Rocche. L’ipotesi è tutt’altro che assurda: un’area agricola così vasta aveva certamente bisogno di manutenzione per gli attrezzi di lavoro (falci, falcetti, cerchioni per le botti e le carriole, molle per i carri, chiodi, ma anche carpenteria in legno per la riparazione di raggi, pioli, scale…) e lo sbocco una strada di grande comunicazione (grande si fa per dire, comunque lodevolmente sconnessa) era certo la posizione giusta in cui installare un’officina (e un Ospitale).
Ma c’è un’altra spiegazione.
‘Canti’ potrebbe valere ‘cantone’: che ha senso non solo di ‘quartiere’ (alcuni stati antichi erano divisi in unità amministrative chiamate cantoni, la Svizzera lo è ancora), ma anche (e pensando al dialetto genovese direi soprattutto) di ‘luogo remoto’. E questi prati sono senz’altro appartati, ‘in un canto’, rispetto al Borgo.
Infine: la lingua italiana attesta con precisione, per ‘canto’, anche il senso di “tratto di strada affidato alla vigilanza e alla manutenzione di una persona fissa”, il cantoniere, appunto…
Insomma, sia pure annaspando un po’ e lasciando aperto un ventaglio di proposte possibili fra le quali scegliere, direi che abbiamo identificato un’area semantica abbastanza affidabile.
Di sicuro possiamo affermare che ‘Pré’ vale ‘prati’; e che con ‘Precanti’ non hanno niente a che fare le pietre calanti (locuzione impensabile nel dialetto genovese: che per esprimere il concetto ha il preciso termine di ‘liggia’, qui attestato nel toponimo Liggeua, Libiola); né, come pure si sente mormorare, non so se per burla o da senno, canti di preti, eventualmente officianti nella chiesetta di san Sebastiano.